Di fronte alle limitazioni
imposte ai pubblici esercizi, la Fipe era intervenuta nella giornata di ieri
inviando una lettera ai ministri dello Sviluppo economico, dell’Economia, delle
Politiche sociali e del Turismo. Il presidente nazionale Fipe, Lino Stoppani,
ha chiesto in primis “la messa in stato di crisi del settore e interventi
tempestivi e efficaci che possano aiutare le imprese a sostenere l’impatto
derivante dal Coronavirus”.
Una presa di posizione
importante, come evidenzia il presidente di Fipe Confcommercio Lecco, Marco
Caterisano: “Come associazione abbiamo dato la nostra disponibilità a
collaborare, ma siamo nello stesso tempo consapevoli della gravità della situazione
per le imprese. Da subito abbiamo espresso dubbi sull’efficacia di disposizioni
che contrastavano il contagio con l’imposizione di limitazioni nell’orario
apertura: la chiusura soltanto per i pubblici esercizi alle ore 18 non ci
pareva una soluzione. Ora, grazie alle sollecitazioni del presidente di
Confcommercio Carlo Sangalli e al presidente della Fipe Lino Stoppani, abbiamo
ottenuto che i bar con i tavoli possano restare aperti dopo le 18, con clienti
in numero proporzionale ai posti a sedere disponibili nel locale”.
“E’ un risultato
importante - aggiunge Caterisano - che va incontro alla nostra richiesta di essere
equiparati ad altre attività come ad esempio i ristoranti”.
Il chiarimento è arrivato
dal sito Internet della Regione Lombardia: i bar e i pub che prevedono
la somministrazione assistita di alimenti e bevande possono rimanere
aperti come i ristoranti, a condizione che sia rispettato il vincolo del
numero massimo di coperti previsto dall'esercizio.
La Faq pubblicata sul sito della Regione ricorda inoltre che “l’obiettivo
dell’ordinanza che regola le prescrizioni per il contenimento del
Coronavirus nelle aree regionali classificate “gialle” è di limitare le
situazioni di affollamento di più persone in un unico luogo. Nei
ristoranti può entrare un numero contingentato di persone. Lo stesso,
dunque, vale anche per i bar dove ci sono posti a sedere contingentati e
che effettuano servizio al tavolo e non al bancone”.
L’intervento della Fipe
non si limitava peraltro alla questione dell’orario di chiusura. Nella sua nota
la Federazione italiana pubblici esercizi ha chiesto al Governo provvedimenti
di sostegno eccezionale: sospensione dei contributi e premi come già avvenuto
in precedenza in occasione di eventi e calamità naturali, previsione di fondo
di contribuzione per i titolari di pubblico esercizio, come ad esempio bar,
pub, ristoranti, locali da ballo interessati dall’obbligo di sospensione dell’attività,
estensione delle previsioni delle causali del Fondo integrazioni salariali alle
imprese non ricomprese e previsione della cassa in deroga anche per tutte le
causali che non sono ricomprese in quelle già previste per il Fondo integrazione
salariale, sia riferite alle zone direttamente coinvolte e interessate da
provvedimenti e misure di contenimento sia indirettamente al settore dei
pubblici esercizi in conseguenza della riduzione dei flussi turistici e della
forte contrazione della domanda interna.
“Chiediamo attenzione e risposte rapide - conclude il presidente Caterisano - che diano maggiori certezze al settore e che attenuino la portata della crisi che stiamo vivendo. Stiamo già adottando le misure di sicurezza tese a arginare il contagio, ma chiediamo, pur senza sottovalutare l’emergenza Coronavirus, che sia posto un freno all’effetto psicosi. Vanno bene le precauzioni ma fare dell’inutile allarmismo non serve né a tutelare la salute dei cittadini né tantomeno a sostenere le imprese”.
“Chiediamo attenzione e risposte rapide - conclude il presidente Caterisano - che diano maggiori certezze al settore e che attenuino la portata della crisi che stiamo vivendo. Stiamo già adottando le misure di sicurezza tese a arginare il contagio, ma chiediamo, pur senza sottovalutare l’emergenza Coronavirus, che sia posto un freno all’effetto psicosi. Vanno bene le precauzioni ma fare dell’inutile allarmismo non serve né a tutelare la salute dei cittadini né tantomeno a sostenere le imprese”.
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