(C.Bott.) Tre spettacoli e altrettanti film dedicati allo sport e ad alcuni tra i
suoi “eroi”. Sei eventi per “non dimenticare” e per far capire che, nel teatro
come nel cinema, anche lo sport è spettacolo.
Non a caso la stagione 2020 di “Spazio Teatro Invito” proporrà
tra sabato 1 e martedì 18 febbraio una sezione i cui protagonisti saranno
appunto lo spettacolo e lo sport.
Quattro i nomi in primo piano: Felice Gimondi,
campione di ciclismo scomparso la scorsa estate, l’indimenticato alpinista,
esploratore, scrittore e fotoreporter Walter Bonatti, Gigi Riva, ex calciatore
e oggi dirigente sportivo, e l’ex tennista statunitense John McEnroe.
Si inizierà sabato prossimo, 1° febbraio, con Gimondi, una vita a pedali di Paolo
Aresi, con Matteo Bonanni e per la regìa di Alberto Salvi.
L’appuntamento è per le ore 20.45 presso lo “Spazio Teatro Invito” in
via Ugo Foscolo 42 a Lecco.
9 euro l’ingresso, con biglietti in vendita anche
online sul sito Internet Vivaticket.it
e prenotazione consigliata all’indirizzo e-mail segreteria@teatroinvito.it oppure al numero di telefono 0341-15.82.439 entro venerdì tra le 9.30 e le 13. (www.teatroinvito.it il link alla pagina del sito di “Spazio Teatro Invito”).
e prenotazione consigliata all’indirizzo e-mail segreteria@teatroinvito.it oppure al numero di telefono 0341-15.82.439 entro venerdì tra le 9.30 e le 13. (www.teatroinvito.it il link alla pagina del sito di “Spazio Teatro Invito”).
La
seconda guerra mondiale è finita. I paesi, le città, un’intera nazione, dopo
anni di patimenti, fame e violenza cercano di rialzare la testa. Di
ricominciare. Ricostruire la propria esistenza, con pazienza e determinazione,
perché - come dice mamma Angela - “chi semina, prima o poi, raccoglie”.
In
questo contesto fatto di privazioni e sacrificio un bambino cresce con un grande
sogno: salire in sella a una bicicletta e diventare un campione. Come Bartali.
Anzi no, come Coppi. Perché tutti a Sedrina, piccolo paese della Val Brembana,
amano Bartali, il campione dal cuore d’oro. Felice, invece, era per Coppi. Ma
non lo può dire, sembrerebbe una bestemmia, verrebbe zittito subito,
rischierebbe un castigo. E allora sta zitto.
Sta
zitto e pedala, sulla sua Ardita rossa, la sua prima bici. Ed è proprio su
questa bicicletta che Felice si alza per improvvisare fughe con i suoi compagni
di scorribande, affrontando impervie salite, emulando i grandi campioni dei
quali legge sulla Gazzetta dello Sport, al
bar del paese. E intanto sogna. Sogna di diventare un corridore ciclista, da
grande.
Sogna
i tornanti che portano al passo Pordoi, sogna se stesso in bicicletta, nel
gruppo di testa, con una maglia biancoceleste. Così i giorni passano e Felice
cresce, senza mai smettere di credere e lottare per il suo grande sogno.
Fino a che, un giorno, arriva la tanto attesa prima corsa. Felice corre, ma
cade. Si rialza e ricade. Ma non molla e arriva alla fine. Quel ragazzo arriva
al traguardo quando lo striscione dell’arrivo è già stato smantellato.
Arriva
sfinito e ammaccato, dopo essere caduto due volte. E quando papà Mosè
gli chiede “come sei andato?” lui risponde, abbassando gli occhi, “sono
arrivato”.
Quel
ragazzo, come tutto il Paese in quegli anni, si è rialzato ed è diventato un
grande campione. Perché il suo nome è Felice Gimondi.
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