(C.Bott.) Nel decennale della beatificazione di
don Carlo Gnocchi, avvenuta appunto nel 2009 ad opera del cardinale arcivescovo
di Milano Dionigi Tettamanzi, il Comune di Abbadia Lariana e la parrocchia di
San Lorenzo onoreranno sabato 23 novembre il presbitero, educatore e scrittore,
cappellano militare degli alpini nel secondo conflitto mondiale a seguito del
quale si adoperò per alleviare le piaghe della sofferenza e della miseria
create dalla guerra.
Quello
di Abbadia con don Carlo Gnocchi è del resto un legame profondo. Al “papà dei
mutilatini” è innanzitutto dedicata la sala civica comunale, in via Nazionale.
E nel 2012 era giunta proprio ad
Abbadia la teca con la reliquia del beato, originario di San Colombano al
Lambro. A consegnarla ufficialmente all’allora parroco don Vittorio Bianchi, e
idealmente all’intera comunità locale, erano stati Arturo Gazzini e Pietro Pratelli, due cittadini di
Abbadia che conobbero don Gnocchi e che negli anni della guerra ne
sperimentarono lo spirito caritatevole.
Quando
appunto don Gnocchi, che prese parte alla battaglia di Nikolajewka e in seguito
aiutò ebrei e prigionieri alleati a riparare in Svizzera, fu proclamato beato,
Gazzini e Pratelli non mancarono di partecipare alla cerimonia svoltasi nel
Duomo di Milano.
“Ricordo
don Carlo, giovane cappellano al fronte - raccontò in quell’occasione Arturo Gazzini, classe 1919, morto nel
gennaio 2013 - Lui ci rincuorava, restava con noi, ci parlava e
ci infondeva speranza. Raccoglieva gli oggetti dei soldati morti per
consegnarli, alla fine della guerra, alle loro famiglie”.
Gazzini
aveva anche una grande passione per la pittura, oltre che per la numismatica, e
in quella stessa occasione aveva dipinto un quadro dedicato proprio al beato
don Gnocchi, donato alla Parrocchia di San Lorenzo.
Nel
novembre 2014, poi, in Duomo a Milano era stato ricordato il quinto anniversario
della beatificazione di don Gnocchi e Abbadia c’era anche a quella celebrazione
eucaristica, con un gruppo di cittadini guidato dal sindaco Cristina Bartesaghi, con il
già citato Pietro Pratelli
e con don Vittorio,
invitato dalla “Fondazione don Gnocchi” proprio per il fatto che Abbadia
possiede un frammento osseo del beato.
Don Carlo Gnocchi |
“E’
stato un toccare con mano ulteriormente questo santo, vero eroe della carità -
era stato il commento del parroco, oggi a Visgnola di Bellagio - e ho avvertito
il bisogno di migliorare. In fondo è bello questo desiderio di emulazione. E’
la storia vera di noi discepoli del Signore. Don Gnocchi amava la sua
“baracca”, come lui stesso chiamava tutti coloro i quali entravano in qualche
modo in rapporto con lui”. “E’ stata una cerimonia particolarmente commovente -
aveva affermato dal canto suo Cristina Bartesaghi - per la presenza di molti
amici di don Gnocchi, dagli ex mutilatini agli alpini, fino agli operatori dei
centri e a numerose famiglie”.
Il
programma del 23 novembre prevede alle 18 la celebrazione della messa in chiesa
parrocchiale, presente don Maurizio Rivolta, rettore del Santuario della
Fondazione “don Carlo Gnocchi” di Milano.
Alle
20.30, in sala civica, “8.000 chilometri per don Gnocchi”, rievocazione dell’impresa
della “Freccia rossa”. Parteciperanno Enrico Gussoni e Federica Frattini,
quest’ultima coautore e curatrice del volume La Freccia rossa - 1949, diario
di una impresa scout attraverso l’Europa. Con loro anche Cesare Fabozzi e Achille Fossati, protagonisti
dell’impresa di 70 anni fa.
“Freccia
rossa” sta a indicare il raid motociclistico Milano-Oslo organizzato
nell’estate 1949 da don Carlo in collaborazione con gli scout milanesi guidati
da don Andrea Ghetti.
L’impresa
passò alla storia con l’appellativo di “Freccia rossa” per via del colore dei
venticinque “Guzzini 65” che partirono verso la Scandinavia allo scopo di
gettare il primo tracciato di una via d’amore lunga 1.800 chilometri per
congiungere i popoli nella pace, in nome del dolore delle innocenti vittime
della guerra appena conclusa.
“Sulle
ali della “Freccia rossa” - ebbe a scrivere in proposito don Carlo - la voce
dei piccoli mutilati di guerra invita l’Europa all’amore e alla pace”.
Quell'avventura motociclistica nacque anzitutto dalla figura poliedrica, dal cuore generoso e
dalla vasta cerchia di amicizie di don Ghetti, detto “Baden”, il quale arrivò a
coinvolgere in questa impresa a favore dell’Opera di don Gnocchi numerosi scout
e gruppi lombardi. Poi il cardinale Ildefonso Schuster, la Moto Guzzi e
numerosi altri sponsor in campo industriale.
Il
viaggio fu preceduto da varie cerimonie di presentazione, con presenze
autorevoli, tra le quali l’allora presidente del consiglio Alcide De Gasperi.
La
mattina del 17 luglio 1949
la colonna dei “guzzini” prese il via dal Castello Sforzesco, con la
benedizione del cardinale e la consegna di un messaggio per il vescovo di Oslo.
Il sindaco di Milano, Antonio Greppi,
affidò una targa e il guidone della città da presentare al sindaco della
capitale francese.
Il
percorso di andata ebbe luogo dal 17 al 31 luglio attraversando la Svizzera, la Germania Occidentale, la Francia, il Belgio, l’Olanda, il Lussemburgo, la Danimarca, la Svezia per poi giungere in Norvegia. Ovunque l’accoglienza per
il raid fu entusiastica e i partecipanti poterono diffondere durante le varie
tappe il messaggio affidato loro da don Carlo Gnocchi e diretto a tutti gli
uomini di buona volontà.
A
Parigi la “Freccia
rossa” fu ricevuta dal sindaco e sfilò sugli Champs-Elysées scortata dalla
polizia e tra gli applausi della folla. A Bruxelles ci fu l’ospitalità delle organizzazioni
belghe per la protezione e l’assistenza all’infanzia mutilata, mentre a Brema,
città devastata dalla guerra, i protagonisti del raid trovarono da parte dei
ragazzi tedeschi un’accoglienza fraterna, indimenticabile.
Giunti
in Norvegia, vennero accolti con ricevimenti, a cui si aggiunsero gli elogi del
principe ereditario, del sindaco di Oslo
e del governo per l’opera umanitaria di don Gnocchi.
Il
viaggio di ritorno a Milano avvenne dal 14 al 28 agosto. Al termine vennero
percorsi 8.504 chilometri.
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