Tutto,
dentro la chiesa di San Lorenzo, parla di lei. Le letture del rito funebre, i
canti, le preghiere e le invocazioni. Le parole dei sacerdoti e i messaggi di
addio delle amiche e dei compagni di scuola. E poi i fiori bianchi, il colore
che evoca la purezza. E bianca, naturalmente, è anche la piccola bara di Alexandra Riva,
morta ad Abbadia Lariana all’età di 11 anni, vinta dalla leucemia.
E’
il giorno delle lacrime, il giorno del dolore anche per chi, come il nuovo
parroco don Fabio Molteni, ad Abbadia da poco più di un mese, non ha conosciuto
Alexandra. “Ne ho però sentito parlare tanto - dice all’omelìa - e so che amava
la vita e gli amici, che aveva tanti progetti per il suo futuro, progetti di
bene e di felicità”.
“So
che le piaceva andare in bicicletta - aggiunge - e che amava lo sci. Si fatica
sempre a comprendere la sofferenza e la morte, specie la sofferenza e la morte di
un bambino o di una bambina. Si resta senza parole e allora mi piace immaginare
Gesù, che nella sua vita terrena ha risuscitato due bambini, prendere in
braccio Alexandra e portarla con sé nella pace del Paradiso”.
Accanto
a don Fabio ci sono don Vittorio Bianchi e don Giovanni Villa, i due parroci
che lo hanno preceduto alla guida della comunità pastorale di Abbadia. E’ proprio
don Giovanni a rivolgersi a mamma Magda, a papà Eddy e a Veronica, la sorellina
di Alexandra. “Oggi sentite le campane a martello suonare dentro le vostre
anime - dice - ma poi sentirete le campane a festa accompagnare la vostra
Alexandra all’ingresso nel cielo”.
Ammette,
il sacerdote, la difficoltà nel comprendere lo strazio di una madre e di un
padre di fronte a un dolore così grande. Ricorda che vicino alla croce di Gesù,
sul calvario, c’erano Maria e altre donne. “Anche qui - afferma il sacerdote -
vedete oggi tanta gente con gli occhi bagnati dal pianto e io penso a questa
vostra esperienza come alla riscrittura di alcune pagine del Vangelo. Sì, oggi sembra
di assistere a una nuova deposizione dalla croce”.
Poi
altre riflessioni: “Quando un bimbo viene alla luce i genitori lo accompagnano
dentro il mondo, giorno dopo giorno. E adesso questo giorno dopo giorno sembra
morire nel cuore”. “Quando muore un bambino - aggiunge don Giovanni - si è
soliti dire che era un angioletto e che Dio se l’è preso perché lo voleva con
sé. Ma mi riesce difficile immaginare un Dio che strappa un figlio ai genitori,
che coglie i fiori più belli per tenerli per sé. No, Dio non recide ma accoglie.
E piange con noi dentro le nostre case. Ascoltateli, i suoi singhiozzi,
arrivare dalla porta accanto”.
E
ancora: “La morte di un figlio è motivo di rivoluzione nel nostro immaginario
di credenti ma dobbiamo pensare che la volontà di Dio non è la nostra
solitudine. Lui non vuol perdere nessuno, ma risuscitare tutti l’ultimo giorno
perché la vita continua verso il raggiungimento della sua pienezza”.
Al
termine del rito i messaggi dei bambini - “Con te mi divertivo tantissimo e
adesso devo dirti addio ma sappi, Alexandra, che resterai sempre nel mio e nei
nostri cuori”, “Sei stata la mia prima vera amica, ti voglio bene” - e di una
catechista, che rivolgendosi a sua volta idealmente ad Alexandra le dice: “Ti
vedevo felice in bicicletta lungo le strade del lago e ti ascoltavo quando mi
raccontavi del tuo amore per lo sci. Sai, questa tua grande passione io poi l’ho
utilizzata per parlare dei Comandamenti… Ti ho visto combattere e affrontare la
sfida della malattia, troppo grande per la tua età. Ora sei un angelo e
resterai sempre nei nostri cuori”.
Fuori
dalla chiesa tante lacrime, tanto dolore. L’abbraccio di molti a mamma Magda, a
papà Eddy e a Veronica. E un’ultima carezza alla piccola bara bianca di
Alexandra.
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