Il dottor Carlo Soatti, primo a destra, ritratto con Morena in occasione di una serata spensierata. |
Il
dottor Carlo Soatti prende dalla scrivania un cartoncino. Lo apre e ce lo
porge, senza dire una sola parola. Sulla facciata di destra una frase dal
Vangelo di Giovanni: “Se il chicco di
grano caduto in terra non muore, rimane solo. Se invece muore, produce molto
frutto”. Sotto, un nome in neretto e una data: Morena, 29 settembre 2019.
Il
chicco di grano è anche al centro dello scritto riportato sull’altra facciata
interna di quel cartoncino. E con il chicco di grano una seconda protagonista,
la formica.
“Un
chicco di grano, rimasto nel campo dopo la mietitura, aspettava la pioggia per
tornare a nascondersi sotto le zolle. Una formica lo vide, se lo caricò addosso
e si avviò, con gran fatica, verso il nido. Cammina e cammina, il chicco di
grano sembrava diventare sempre più pesante sulle spalle affaticate della
formica. “Perché non mi lasci stare?”, disse il chicco di grano. La formica
rispose: “Se ti lascio stare, non avremo provviste per quest’inverno. Noi
formiche siamo tante e dobbiamo accumulare tanto cibo.
“Ma
io non sono fatto soltanto per essere mangiato”, continuò il chicco di grano.
“Io sono un seme pieno di vita e da me può nascere una pianta. Ascoltami, cara
formica, facciamo un patto”. La formica, contenta di riposarsi un po’, depose
il chicco di grano e chiese: “Quale patto?”. “Se tu mi lasci qui nel campo -
disse il chicco di grano - io fra un anno ti restituirò cento chicchi uguali a
me”.
La
formica lo guardò con aria incredula. “Sì, cara formica, credi a quello che ti
dico”.
La
formica pensò: “Cento chicchi in cambio di uno solo, ma è un miracolo! E come
fai?”, chiese al chicco di grano.
“E’
il mistero della vita - rispose il chicco di grano - Scava una piccola fossa,
seppelliscimi lì dentro e ritorna fra un anno”. L’anno dopo la formica tornò.
Il chicco di grano aveva mantenuto la promessa”.
29
settembre - 29 ottobre. E’ passato un mese da quando Morena Zucchi, 41 anni da
compiere a fine ottobre, ci ha lasciato. Ma nessuno ha dimenticato, nessuno
l’ha dimenticata. Non chi le ha voluto bene, non le sue coetanee, non i tanti
amici, non quelli che per una qualsiasi ragione, fosse anche la più banale,
avevano avuto modo di conoscerla, di incontrarla e di parlarle. Non il dottor
Carlo Soatti.
Ha
condiviso con la giovane mandellese un percorso protrattosi per più di quattro
anni, il direttore della Radioterapia dell’ospedale di Lecco. Ha “camminato” al
suo fianco, le è stato vicino e ha condiviso anche momenti spensierati e
sereni. Perché Morena era così, spensierata e serena.
La
ricorda con emozione, il responsabile di quel reparto del “Manzoni” dove la
mandellese è stata in cura, dove si è sottoposta alle terapie, dove ha lottato
con tutte le sue forze. Fino alla fine, fino a pochi giorni prima di andarsene.
“E’
venuta in reparto il 20 settembre - ricorda il dottor Soatti - perché quel
giorno inauguravamo il nuovo acceleratore lineare di cui il “Manzoni” ha potuto
dotarsi grazie anche alle donazioni e alla raccolta di fondi organizzata fin
dal 2016 da “Cancro primo aiuto”. A Mandello l’associazione aveva trovato da
subito il sostegno del Gruppo amici di Luzzeno. Quante volte me l’ha nominato,
Morena! Quanto ci teneva, al Gal. E quanto si è spesa anche a livello personale
perché potessimo raggiungere quell’obiettivo”.
“Ci
siamo abbracciati - dice il direttore dell’Unità operativa, quasi sottovoce - e
lei, che era con sua mamma Piera, mi ha detto: “E’ l’ultima volta che ci
vediamo”. “Finiscila - le ho risposto - tu sei forte”. Sapevamo tutti e due che
di quella sua battaglia stava per compiersi l’atto finale, eppure...”. “Morena
mi ha guardato - aggiunge - e mi ha detto: “Questa volta non ce la faccio”. E
una settimana dopo…”.
Ha
voluto salutare tutti quelli che con lei avevano condiviso gran parte del suo
percorso, quel giorno in ospedale. “Voleva completare il suo progetto di vita -
osserva sempre il direttore della Radioterapia - un progetto costruito su ciò
che si apprestava a lasciare. Così il mercoledì successivo aveva salutato anche
il collega Antonio Ardizzoia, responsabile della struttura complessa di
oncologia medica. Non voleva tralasciare nulla. E non ha tralasciato nulla”.
Ci invita a seguirlo all'interno del reparto, il dottor Soatti. Ci mostra il nuovo
acceleratore lineare e ci illustra i vantaggi che si accompagneranno
all’utilizzo di quel macchinario di ultima generazione. Sono disponibili e
cordiali, i colleghi e il personale della struttura. “Qui i pazienti devono
sentirsi accolti - dice - e questo è il concetto basilare del prendersi cura di
loro. C’è uno scambio di vissuto, di esperienze legate a un cammino condiviso”.
E il pensiero torna subito a lei. “Il bello del reparto - aggiunge - è quello
che pazienti come Morena ci donano tutti i giorni”.
Spiega
che all’interno del reparto è presente la struttura semplice di radioterapia
interventistica che si occupa dei trattamenti ad alta conformazione di dose
anche mediante procedure chirurgiche e radiochirurgiche di determinate
patologie oncologiche. Elenca anche qualche cifra, il dottor Soatti, una più
significativa dell’altra. “Con me lavorano quattro colleghi medici e sette
tecnici - spiega - e da qui passano 700 pazienti ogni anno”.
Nello
studio del direttore è incorniciata una pergamena con la benedizione di Papa
Francesco. Il discorso torna sul nuovo acceleratore lineare, sui 250.000 euro
raccolti da “Cancro primo aiuto” e su tutto ciò che sta dietro ogni donazione,
anche la più piccola. Ricorda gli altri ospedali lombardi che già dispongono, o
che disporranno in un prossimo futuro, di quello stesso macchinario.
Ma
prima di congedarci l’ultimo pensiero è ancora per Morena. “Era davvero una
grande donna - afferma - e ha combattuto fino all’ultimo. Ora ci manca e ci
mancherà”.
Una
stretta di mano e un ultimo sguardo al reparto. Idealmente un ultimo saluto a
Morena.
Grandioso insegnamento. Grazie
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