Eliana Zanetti, Lena Mainetti, Rosanna Valli e Carla Balatti nel 1960 in cima al Monte Rosa. |
Sport
protagonista per l’intera giornata di domenica 22 settembre a Mandello. Quella
di domani è infatti la data scelta dall’amministrazione comunale, e in prima
persona dall’assessore Serenella Alippi, per l’annuale appuntamento con la
Festa dello sport, organizzata in collaborazione con la Polisportiva Mandello presso
il palazzetto del centro sportivo di Pramagno.
A
partire dalle 10.30 tutti i ragazzi che lo vorranno potranno cimentarsi in
diverse discipline sportive, tra cui la parete da arrampicata, la pallavolo, la
pallacanestro, il tennis, il calcio, il tiro al bersaglio, il karate e il
canottaggio. Poi ancora la vela, il roller, la scherma, il ping-pong, il jiu-jitsu
brasiliano, il pugilato, la kickboxing, il kendo e il calcio balilla.
All’organizzazione
della festa hanno concorso quest’anno l’associazione Fuoriclasse, il gruppo
alpinistico “Corvi” e il Cai Grigne.
“A
tutti i ragazzi che si saranno avvicinati ad almeno cinque discipline sportive
- spiega l’assessore Alippi - sarà donato un simpatico gadget. Nel pomeriggio,
poi, ogni associazione si cimenterà con i propri istruttori in prove
dimostrative delle rispettive discipline. Alle 17 la festa proseguirà con la premiazione
dei giovani atleti under 16 che hanno ottenuto risultati significativi nell’arco
della stagione 2018-2019 e con la proclamazione dell’atleta dell’anno”.
Ma
non è ancora tutto. Nel corso della cerimonia di premiazione, dunque a partire
dalle 17, lo sport e in generale Mandello renderanno omaggio a quattro donne
che nell’estate del 1960 furono tra le protagoniste della spedizione “100 donne
sul Monte Rosa” voluta dal Cai Menaggio. Si tratta di Eliana Zanetti, Lena
"Elena" Mainetti, Carla Balatti e Rosanna Valli, mandellesi, che appunto 59 anni fa -
in nome dell’uguaglianza dei sessi - partirono da Gressoney e raggiunsero la
Capanna Regina Margherita, il rifugio più alto d’Europa posto a oltre 4.550
metri di quota (la sua inaugurazione risale al 1893, anno in cui vi pernottò
appunto Margherita di Savoia).
Prima
della loro partenza, sul sagrato del Duomo di Milano alle donne protagoniste di
quella storica ascensione erano state consegnate due riproduzioni dorate della
Madonnina da deporre alla Capanna Margherita e le corde, di uno speciale
materiale sintetico, da utilizzare nella scalata.
In primo piano le mandellesi protagoniste dell'impresa del 1960. |
Nilo,
presidente della sezione, avalla l’elenco delle ascensioni alpinistiche delle
ragazze richiesto dall’organizzazione, che però sono ancora tutte da
realizzare, e incarica i soci del Gruppo Alta Montagna di provvedere per tempo
a concretizzarle. Tutti ci mettono il massimo impegno per onorare
l’attestazione del presidente e perché le nostre quattro facciano bella figura,
ma soprattutto perché loro si sentano preparate e sicure.
Il rifugio "Regina Margherita" sul Monte Rosa. |
All’inizio
di luglio tocca a Paolo e a me accompagnarle nell’ultima salita di allenamento,
che prevede la percorrenza dello stesso itinerario che dovranno affrontare,
insieme alle altre, a fine mese.
Nino,
il vicepresidente, organizza una gita sociale a Gressoney con salita e
pernottamento al rifugio Gnifetti, collocato su uno sperone roccioso tra il
ghiacciaio del Garstelet e quello del Lys, a quota 3.647.
Dopo
il viaggio in pullman e la salita in seggiovia a Punta Jolanda, inizia la lunga
“scarpinata”; oltre mille e quattrocento metri di dislivello (più di quanti ce
ne siano dalla riva del nostro lago al rifugio Elisa) a una quota che
incomincia a farsi sentire.
Lasciamo
che sia Nino a cadenzare il passo della comitiva, mentre Paolo ed io
acceleriamo un po’ per salire poi oltre il rifugio a prendere visione di quello
che ci aspetterà domani. Una decisione che ci tornerà veramente utile…”.
E
più avanti: “Come sempre, quando si intraprendono ascensioni in alta quota, la
sveglia è prima delle 4. Chiedo alle ragazze come hanno passato le ultime ore,
si guardano in faccia con una smorfia che potrebbe significare “Boh!?”. Non
potrei avere risposta migliore: se non si ricordano come sono trascorse
significa che hanno dormito come marmotte in letargo, a oltre 3.600 metri di
quota, e per loro è pure la prima volta.
Mentre
riempiono di tè caldo i nostri thermos, i rifugisti ci informano che il tempo
s’è messo al brutto: ci sono nebbia e nubi basse. Un portatore di Gressoney,
che dovrebbe salire alla “Margherita” con un carico di combustibile, decide di
non partire. Non mi vergogno di chiedere il parere dei rifugisti che, come
detto, sono guide alpine; con quelle condizioni di tempo ci consigliano di non
andare più su del Colle della Scoperta, a 4.135 metri di quota, oltre il quale
potremmo avere problemi di orientamento, perciò la salita fino in cima alla
Punta Gnifetti è da scartare, ma le ragazze vogliono salire più in alto
possibile.
Ecco
che ci torna utile la breve esplorazione fatta il giorno prima. Un po’ a destra
del Colle della Scoperta (che molti impropriamente chiamano Colle del Lys)
abbiamo visto il bivacco Giordano al Balmenhorn con la statua del Cristo delle
vette, una meta di ripiego comunque molto ambita dagli alpinisti, che non
presenta grandi problemi di orientamento e dove la pendenza maggiore consente
di guadagnare quota in meno tempo…
Pur
in assenza di difficoltà tecniche è necessario legarsi in cordata per l’insidia
dei crepacci; i ramponi sono indispensabili e la piccozza una precauzione da
non sottovalutare; un mazzo di bandierine segnapercorso ci permetterà di
disseminare qua e là punti di riferimento per il ritorno…
Le
precedenti salite di allenamento stanno dando i loro frutti e le ragazze
tengono un buon passo. Una corda fissa agevola il superamento delle rocce prima
del bivacco Giordano, accarezziamo la statua del Cristo e continuiamo a salire,
raggiungiamo il colle del Lys (quello vero) e ancora su, fin oltre i 4.300
metri.
Ormai
ci sono poche rocce da superare per arrivare in cima al Corno Nero: forse sono
facili e forse no e non abbiamo portato chiodi, la visibilità sta peggiorando e
intravediamo appena l’ultima bandierina che abbiamo messo. Le ragazze stanno
benissimo e, tutto sommato, non abbiamo sprecato la giornata. Ritiriamo le
bandierine per evitare che possano in seguito fuorviare qualcuno e torniamo al
rifugio.
Nino
sta passeggiando nervosamente sul terrazzo e ci saluta con evidente sollievo. I
rifugisti vogliono sapere… poi si congratulano con le ragazze, non usando le
solite parole di circostanza ma con un significativo commento: “Se anche le
altre novantasette si sono preparate come voi, incominciamo a credere che
questa idea, un po’ balorda, di voler far arrivare in cima alla Punta Gnifetti
una fila di almeno cento donne, suddivise in una quarantina di cordate senza
assistenza diretta delle guide, potrebbe anche riuscire”. Poi, di loro
iniziativa, promettono alle nostre che per loro avranno un occhio di riguardo;
non sarà difficile riconoscerle in mezzo alle “cento” perché indosseranno i
nostri maglioni neri con quattro righe rosse alla manica sinistra.
Possiamo
prendercela comoda e arrivare a Punta Jolanda che la seggiovia è ancora in
funzione, poi sul pullman potremo sonnecchiare per qualche ora”.
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