Antonio Gatti, campione italiano di bocce nel 1967. |
(C.Bott.) Ha vinto in carriera più di seicento
gare ed è stato premiato dal Coni come miglior puntista a livello addirittura
mondiale. Apprezzato da tutti per l’indiscussa bravura, si distingueva anche
per il suo carattere gioviale e affabile e per il suo comportamento che, dentro
e fuori i campi da gioco, lo portava a rispettare qualsiasi avversario. Un
vero signore, insomma, nel senso più positivo del termine.
Lui
è Antonio Gatti, scomparso lo scorso 4 marzo all’età di 94 anni e idealmente
ricordato nelle scorse settimane a Mandello con una gara serale (individuale e
a carattere regionale) che si è disputata alla Bocciofila Mandellese e che
assegnava - oltre al trofeo intitolato appunto a Gatti, che fu campione
italiano nel 1967 - anche le coppe alla memoria di Angelo Trevisan, Ivo Carminati
e Angelo Tacchini Redaelli.
Padre
di tre figli (Daria, Isella e Giovanni), Antonio Gatti si era avvicinato alle bocce quando aveva
soltanto 12 anni e la sua carriera, come detto, è stata costellata di vittorie.
Numerose quelle di assoluto prestigio e molteplici i podi conquistati in gare
provinciali, regionali e nazionali, fino al già ricordato titolo tricolore del
’67 ottenuto a Fano.
Poco
dopo i 70 anni la decisione di abbandonare le bocce a livello agonistico e di
continuare a giocare esclusivamente per divertimento.
Forte
era il legame di Gatti con la propria famiglia, tanto da gioire e da
emozionarsi più per le vittorie di sua figlia Daria, giocatrice di categoria A (ha
difeso i colori di una società di Brugherio e vestito la maglia della Nazionale
italiana di bocce), che non per le sue. Non a caso il ricordo dei figli è
racchiuso in poche ma esplicite parole: “E’ stato un grande papà!”.
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