Ad affrontare
l’argomento è il libro “L’identità umana come sistema complesso”
di Claudio Redaelli
Da
anni, si sa, l’ambito sanitario a livello accademico e nelle pratiche
quotidiane è caratterizzato da un’idea sempre più tecnica finalizzata alla
guarigione della patologia acuta, nell’idea sottesa che la malattia costituisca
una anomalia biologica da sconfiggere a ogni costo.
La ricerca di una saluta
perfetta coinvolge direttamente anche ogni persona che, oltrepassata la soglia
della malattia che la trasforma in paziente, non è più disposta a convivere con
patologie croniche che fino a qualche decennio fa erano considerate come parte
integrante della propria vita.
In
un simile contesto tutto ciò che si allontana dall’atteso risultato di
guarigione rischia di portare sia a vissuti patologici nei pazienti sia a
contenziosi legali nei confronti dei mancati guaritori.
Ecco
allora che per cercare di recuperare una dimensione della medicina meno
conflittuale e maggiormente sostenibile negli ultimi anni si sono sviluppati
movimenti di controtendenza che vedono nella “slow medicine” e nella medicina narrativa due tra gli approcci più
interessanti.
Partendo
anche da queste considerazioni appare evidente come la dimensione biologica
della patologia non può essere separata dalla realtà soggettiva di chi vive la
malattia, né dalla sua componente sociale di relazione con gli altri.
Ad
affrontare queste e altre tematiche ancora è la dottoressa Magda Fontanella,
autrice del libro L’identità umana come
sistema complesso, il cui sottotitolo recita significativamente: “Da Edgar
Morin alla filosofia in reparto”.
Si
è così in presenza di un saggio che, muovendo appunto dall’opera del filosofo e
sociologo francese Morin e arrivando alla pratica filosofica, presenta una
visione sistemica e complessa dell’uomo, capace di offrire - anche sulla scorta
dell’esperienza in reparto maturata dall’autrice - uno strumento efficace di
accompagnamento e sostegno per i pazienti e per i loro familiari in ambito
clinico-sanitario. E non solo.
Non
a caso nella prefazione il direttore sanitario degli Istituti Riuniti Airoldi e
Muzzi di Lecco, Andrea Millul, afferma che “porre il focus sul rapporto fiduciario tra équipe e pazienti è il
cambiamento culturale richiesto alla nostra società, perché la scelta
consapevole del singolo si sviluppi all’interno di un processo comunicativo
anche di confronto valoriale, ove la relazione fiduciaria deve essere
obbligatoriamente biunivoca, distante dalle dinamiche proprie della medicina
difensiva”.
I
temi affrontati nel contesto della malattia, della fragilità e della paura
della morte riguardano ciascuno di noi in quanto essere umani prima ancora che
operatori o pazienti.
La
filosofia, quindi, che da sempre si occupa delle domande che riguardano l’uomo
in quanto tale, in ambito sanitario riscopre la sua peculiare capacità
dialogica, in interazione con le altre discipline che trattano l’umano.
E
ancora: “La filosofia in ambito sanitario - osserva sempre il direttore
sanitario - interroga dunque nel concreto le variegate dimensioni della
sofferenza, sfatando il mito che i filosofi trattino questioni astratte avulse
dalla realtà e fungendo da collante e cornice di senso”.
Magda
Fontanella ha conseguito la laurea specialistica in Filosofia della persona e
bioetica nel 2010 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano con
una tesi dal titolo Il concetto di uomo
nell’era della tecnologia.
Ha
poi proseguito gli studi ottenendo
presso lo stesso ateneo del capoluogo lombardo il dottorato di ricerca in
Persona, sviluppo, apprendimento prospettive epistemologiche, teoriche e
applicative, presentando una tesi il cui titolo ricalcava esattamente quello
del suo libro di recente pubblicazione, a proposito del quale piace evidenziare
le considerazioni conclusive dell’autrice. “E’ bene sottolineare - scrive Magda
Fontanella - che la filosofia in sé produce solitamente pensiero critico e una
sorta di surplus di dubbi rispetto
allo scorrere lineare dell’esistenza quotidiana, poiché appunto vivacizza il
reale con il solo scopo di indagare la verità”.
“Tuttavia,
quando la si mette al servizio di chi si trova in un disagio esistenziale -
aggiunge - essa diviene compagna di vita nell’affrontare sofferenze o problemi
che necessitano di un aiuto concreto e, dunque, diviene agire che ha di mira il
sostegno di chi in quel momento è accorso ad essa per un bisogno radicale di
senso”.
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