18 giugno 2019

Quando il maltempo mette in ginocchio un territorio. Non si può più restare a guardare


Il maltempo dell’altra settimana ha letteralmente messo in ginocchio l’Alto Lario lecchese, l’Alta Valsassina e la Val Chiavenna, mettendo duramente alla prova per l’ennesima volta la viabilità in particolare proprio nella zona dell’Alto lago, dove i vigili del fuoco sono dovuti intervenire in seguito a ripetuti allagamenti.
Sulla Statale 36, all’altezza di Dervio, i canali di scolo si sono otturati determinando pericolose pozze d’acqua sulla strada e anche a Colico le piogge hanno creato allagamenti lungo via Nazionale.
La situazione più critica ha riguardato come noto il corso del torrente Varrone e i comuni di Premana, Pagnona, Casargo, Valvarrone, Vendrogno, Dervio e Primaluna, oltre a Morterone, rimasto isolato per una frana sulla Provinciale 63.
Si era poi resa necessaria l’evacuazione di numerosi residenti a Dervio (circa 600 persone ricoverate presso palestre e un villaggio turistico nei comuni di Colico e Bellano) e a Primaluna, con oltre 200 persone ospitate presso la locale scuola materna per l’esondazione dei torrenti Molina, Fuss e Noci Valsassina.
Ecco allora tornare prepotentemente d’attualità quanto scritto e pubblicato soltanto poche settimane fa.
Oltre trent’anni dopo i Mondiali di sci dell’85
di Claudio Redaelli
Erano i primi anni Ottanta e la Valtellina si mobilitava per accogliere i campionati del mondo di sci alpino che si sarebbero disputati nell’85 a Bormio e Santa Caterina. A realizzare i manifesti simbolo di quell’evento sportivo di portata internazionale fu l’artista Elvio Mainardi, che per l’occasione allestì anche una grande mostra sul tema dello sci e fu onorato della visita di numerose alte personalità dello sport, della politica e della cultura, oltre che dell’allora arcivescovo di Milano cardinale Carlo Maria Martini.
Già in quegli anni in quel vasto territorio che sul turismo poggiava le proprie aspettative di riscatto socio-economico il collegamento ferroviario che unisce la Valle al polo di Milano pareva essere rimasto indietro nel tempo di decenni.
A far parlare del problema della linea ferroviaria Milano-Lecco-Sondrio fu, all’epoca, una serie di deragliamenti di treni avvenuta a catena e riportata in un dettagliato servizio apparso sul quotidiano L’Unità, specie nel tratto tra Dervio e Piona dove i binari correvano (e corrono tuttora) a mezza costa sulla montagna che si affaccia sulla parte più a nord del lago.
“Ogni volta che un treno svia dai binari - scriveva il sottoscritto già in quegli anni - non si corre soltanto il pericolo di disgrazie ma nascono pesantissimi disagi per i viaggiatori, soprattutto per i pendolari, i lavoratori e gli studenti, coloro che dalla Valtellina e dalla Valchiavenna scendono verso il Lecchese o Milano utilizzando appunto i collegamenti ferroviari”.
C’era poi il danno che la martoriata situazione della linea ferroviaria rischiava (e la coniugazione del verbo al presente è purtroppo sempre attuale) di creare all’andamento del turismo, già condizionato da un collegamento stradale inefficiente e insufficiente qual è la strada statale 36.
In quegli stessi anni i politici locali - e tra questi Contini, Gilardi e i deputati dell’allora Pci - avevano sottoposto alla Regione Lombardia e al Parlamento la necessità di provvedere a una programmazione futura della linea ferroviaria per quanto riguardava le esigenze dei lavoratori e degli imprenditori valtellinesi, alle quali si aggiungevano le aspettative della città di Lecco e del suo territorio.
“E’ urgente che le Ferrovie dispongano il raddoppio tra Carnate e Calolzio - scrivevo ancora in quegli anni - completando quindi il doppio binario tra Milano e Lecco. E tra Lecco e Sondrio il problema dovrà essere risolto non perdendo di vista l’esigenza di ristrutturare la linea attuale, soprattutto per fornire maggiori garanzie di sicurezza e dare la possibilità ai treni di percorrere le distanze a maggior velocità”.
E ancora: “E’ giusto che le Ferrovie, il Governo e la Regione si impegnino per affrontare e risolvere in tempi corretti questo problema che investe tutta la Valle, tutta la provincia di Sondrio”.
Da allora sono passati oltre trent’anni e, spiace dirlo, pressoché nulla è cambiato, anzi qualcosa è addirittura peggiorato. Nessun raddoppio della linea ferroviaria, stazioni e case cantoniere chiuse e cosa dire della situazione della Statale 36 e della Provinciale 72? Meglio sarebbe stendere un velo pietoso, anche alla luce di quanto accaduto di recente proprio sulla Ss 36, con i disagi che si sono accompagnati alla caduta di alcuni massi nei pressi della galleria di Lierna.
Eppure ora la Valtellina torna a guardare alla possibilità che a questa stessa terra e in particolare all’asse Milano-Cortina possano essere assegnati, dopo i Mondiali dell’85, anche i Giochi olimpici invernali del 2026. In molti addetti ai lavori - su tutti il sindaco di Bormio Roberto Volpato, l’amministratore delegato di “Bormio Ski” Valeriano Giacomelli e Mario Cotelli, valtellinese, già commissario tecnico della Nazionale italiana di sci alpino dal ’69 al ’78 (durante la sua gestione nacque l’epopea della “valanga azzurra”) - c’è giustificato scetticismo e comprensibile prudenza di fronte a questa prospettiva, proprio per i problemi legati allo stato di salute delle infrastrutture e per la previsione di andare a realizzare nuovi impianti senza un piano dettagliato della situazione viaria e ferroviaria del territorio.
La Valtellina e l’Alto Lario lecchese non necessitano di imponenti strutture ma piuttosto di un lungimirante progetto di investimenti proprio sulle strade e sulla linea ferroviaria.
La Statale 36 inaugurata a pochi giorni dall’apertura dei Mondiali dell’85 tra l’entusiasmo generale di sportivi e giornalisti è oggi, come già detto e come dimostrato da eventi franosi verificatisi nel corso degli anni, perennemente  a rischio. Eppure tutti, o quasi, stanno a guardare. Aspettando i Giochi del 2026, o forse più semplicemente la prossima calamità.

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