Con lei, nel bel concerto nella
veranda del chiostro del complesso di San Calocero a Civate, il percussionista
Francesco D’Auria e Ranieri “Ragno” Fumagalli
Francesco D'Auria, Giulia Molteni e "Ragno" Fumagalli sabato 4 maggio a Civate. |
di Claudio Bottagisi
Un
libro pubblicato lo scorso anno dalla Fondazione che ne porta il nome si
proponeva di far leggere, o rileggere, testi scritti da Fabrizio De Andrè per
riflettere sui temi da lui sottoposti alla sua e alla nostra attenzione: gli
ultimi, gli emarginati, il potere, la libertà, l’anarchia e la guerra, per
citarne alcuni. “Ieri cantavo i vinti, oggi canto i futuri vincitori. I nomadi,
le infinite prinçese, chiunque
coltivi le proprie diversità con dignità e coraggio, attraversando i disagi
dell’emarginazione, con l’unico intento di rassomigliare a se stesso, è già di
per sé un vincente”, affermava il grande cantautore.
Ieri
sera nella veranda del chiostro di San Calocero a Civate, in uno scenario di
per sé suggestivo, gli ultimi - anzi i futuri vincitori per dirla appunto con
De Andrè - sono tornati a essere protagonisti. Merito del concerto Umbre de muri, dell’incredibile voce di
Giulia Molteni (bravissima anche al pianoforte), di un grande ed eclettico percussionista
qual è Francesco D’Auria (capace, verrebbe da dire, di “far parlare” la sua
batteria e ogni altro strumento da lui utilizzato durante l’esibizione) e di un
eccellente professionista qual è Ranieri “Ragno” Fumagalli, bravissimo al
flauto e con l’ocarina.
Un
concerto, quello voluto dai Comuni di Civate e Valmadrera e dalla Fondazione Casa del cieco “Monsignor Edorardo Gilardi”, dedicato
a Fabrizio De Andrè nell’anno del ventennale della sua morte. Umbre de muri, appunto. Ombre di facce
che troppo spesso passano sotto i nostri occhi senza che neppure ce ne accorgiamo.
O che magari fingiamo di non vedere.
Un
concerto bellissimo, aperto non a caso da Crêuza de mä, una delle pietre miliari della musica degli anni Ottanta e non solo,
e chiuso dal conosciutissimo brano Il pescatore, che narra appunto
di un anziano pescatore che vede sopraggiungere dinanzi a lui un assassino
spaventato e in fuga.
In
mezzo, un dettagliato quanto studiato percorso nelle canzoni di De Andrè, “grande
poeta - aveva premesso Giulia Molteni introducendo la serata - che agli ultimi
ha saputo dare voce, attenzione e dignità”.
Ecco
allora Via del campo, Bocca di rosa, Hotel Supramonte e altri brani sempre dall’album Crêuza de mä e dal Canto
del servo pastore. Poi Geordie e Khorakhanè, Fiume Sand Creek
e Ederlezi, canzone tradizionale delle popolazioni di etnìa Rom dei Balcani
interpretata, tra gli altri, da Goran Bregovic, musicista e compositore
bosniaco.
Quindi, dopo altri due
brani tratti dall’album Anime salve pubblicato nel ‘96, il tredicesimo
del cantautore italiano, il momento più emozionante per Giulia Molteni e per il
numeroso pubblico che assisteva al concerto. “Dedico questo pezzo a Francesca,
che nascerà in agosto”, premette la cantante. E via con la toccante interpretazione
di Ave Maria, dall’album La buona novella: “Ave Maria, adesso
che sei donna, ave alle donne come te, Maria, femmine per un giorno per un
nuovo amore povero o ricco, umile o Messia. Femmine un giorno e poi madri per sempre
nella stagione che stagioni non sente”.
Poi spazio ai meritatissimi
bis. E a un lungo, lunghissimo applauso.
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