La
qualità di vita è un diritto dei pazienti oncologici. Da questo presupposto,
che può apparire scontato ma che così non è, prende le mosse un importante
progetto lanciato dall’Associazione professionale di estetica oncologica e denominato
“Quality of Life”, sostenuto da Confartigianato Imprese.
Lunedì
25 marzo, all’interno delle iniziative organizzate a livello nazionale da Apeo
e da numerosi enti partner, Confartigianato Imprese Lecco ha ospitato l’evento
“Buone ragioni per restare in vita”, mettendo a confronto tre esperienze
diverse tra loro ma unite da un comun denominatore: fare star bene chi si trova
di fronte alla diagnosi di tumore.
Alla
serata, sold out e moderata da Barbara Gerosa, hanno preso parte Ambra Carolina Readelli, presidente Apeo, Antonio
Ardizzoia, direttore di Oncologia dell’ASST di Lecco, e Anna Savini,
giornalista e autrice del libro Buone
ragioni per restare in vita.
“Stiamo raccogliendo le firme a sostegno del nostro
appello, il cui primo firmatario fu il professor Umberto Veronesi - ha spiegato
Redaelli - rivolto a sostenere la necessità che il paziente, e non la malattia,
deve essere il perno intorno al quale ruotano specialisti e struttura
ospedaliera. La terapia oncologica è sempre più efficace in termini di
sopravvivenza, ma produce effetti secondari e tossicità cutanee importanti, con
notevoli ripercussioni sulla qualità di vita, le relazioni sociali e lo stato
d’animo dei pazienti”.
“Apeo - ha aggiunto - è nata con lo scopo di insegnare
alle estetiste come effettuare trattamenti di bellezza e di benessere su
pazienti in terapia oncologica, con protocolli messi a punto in stretta
collaborazione con i professionisti sanitari. Con l’appello chiediamo che le
estetiste Apeo entrino a far parte in modo riconosciuto della rete di
professionisti che possono affiancare le équipe mediche nella presa in carico
del paziente”.
“Oggi la prevenzione, la diagnosi precoce e le cure
fanno sì che si possa vivere di più e più a lungo - ha detto dal canto suo Ardizzoia
- Ma come si vive? Le difficoltà che si presentano al paziente oncologico sono
molteplici, dall’ambito lavorativo a quello relazionale, in coppia e nella
propria cerchia sociale. Poter fare quello che si faceva prima vuol dire non
sentirsi così malati, non sentirsi diversi. E’ proprio questo che fa più
arrabbiare i pazienti: sentirsi diversi”.
Anna Savini, giornalista e scrittrice. |
“Puntare sull’estetica - ha aggiunto - è quindi
importante per due motivi: il primo per una soddisfazione personale, il secondo
per sentirsi come gli altri. In ospedale a Lecco stiamo attuando tanti sforzi,
tanti progetti, a partire da “Raggio di sole”, con il servizio delle parrucche,
sostenuto anche dai parrucchieri associati a Confartigianato. Se diamo al
paziente mesi o anni di vita, dobbiamo fare i modo che questo tempo sia il più
normale possibile, altrimenti non è vita”.
“La
moda è la mia buona ragione per restare in vita. Il primo titolo che volevo
dare al mio libro era Ho un tumore e non è neanche di Chanel - ha
raccontato con ironia e simpatia Anna Savini - Quando ho iniziato a fare la
giornalista sognavo di scrivere di moda e invece mi è toccata la sanità.
Scrivevo di malattie, di cure, di linfonodi sentinella e chemioterapia e a un
certo punto mi sono ritrovata protagonista degli articoli che scrivevo e ne ero
terrorizzata. Avevo messo in conto di ammalarmi, ma dopo i 70 anni e non a 40.
E anche se tutti mi dicevano di non preoccuparmi, l’iter che mi si era
prospettato tra chemio e perdita dei capelli mi ha scatenato subito una prima
reazione di rabbia”.
“Poi - ha affermato sempre la giornalista - è
subentrato il desiderio di realizzare i miei sogni, sogni che ho sempre avuto
nel cassetto e che mi sono resa improvvisamente conto di non aver realizzato. E
se muoio? Devo scrivere, devo scrivere il mio libro. E così ho fatto. Un libro
che non parla della malattia, ma di vita. E se ce l’ho fatta io ad affrontare
tutto questo, io che mi definisco “una piaga”, un caso patologico, ce la
possono fare tutti. E anche se si sente mille volte dire “vivete cercando di
realizzare i vostri sogni” ve lo dico una volta in più, perché da un giorno
all’altro ti può cambiare la vita. La mia prima preoccupazione è stata come
faccio a non far capire che sono malata. In questo, andare avanti a lavorare mi
ha aiutato a convincermi di essere ancora sana e quando è arrivato il momento
della parrucca è stato determinante: avevo paura che qualcuno mi dicesse
qualcosa, invece è andata liscia e da lì ho avuto sempre meno paura”.
“Credo che in questi casi sia fondamentale la
vicinanza alle persone, attraverso Apeo,
i nostri parrucchieri e soprattutto la famiglia - ha concluso Daniele Riva,
presidente di Confartigianato Imprese Lecco - In un mondo che allontana sempre
più le persone con sms ed e-mail, se ci fermassimo a guardarci in faccia, a
parlarci e a starci vicino sarebbe un ritorno al passato in positivo. Mi piace
prenderci il merito di organizzare serate come questa, perché crediamo che
l’impresa e la famiglia vadano a braccetto e queste tematiche coinvolgono sì
l’artigiano, ma anche la sua famiglia appunto”.
“Confartigianato Imprese Lecco - ha osservato infine
il presidente - a proposito di mantenere la vita del paziente più normale
possibile, con la sua sede ELFI di Lecco, è candidata come operatore della nuova opportunità messa a disposizione da Regione
Lombardia “Bando dote ritorno al lavoro” per aiutare chi è affetto da patologie
invalidanti a far ritorno nel mondo del lavoro dopo un periodo di assenza a
causa della malattia. Inoltre, facciamo nostro l’appello di Apeo e invitiamo
tutti a firmare sul sito http://www.esteticaoncologica.org/appello/”.
La serata ha visto la partecipazione del presidente
della categoria Servizi alla persona di Confartigianato Imprese Lecco, Giuseppe
Lacorte , della presidente del Movimento donne impresa di Confartigianato Lecco,
Elena Ghezzi, e delle estetiste di Confartigianato Imprese Lecco e di Apeo.
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