di Claudio Redaelli
Era
l’anno 1986 e con “Ettore Bartolozzi editore” di Lecco veniva dato alle stampe
(in edizione numerata) I Promessi sposi
attraverso l’immagine, di Orlando Sora, con lettere autografe di Alessandro
Manzoni.
A
curarne la presentazione fu l’allora prevosto di Lecco monsignor Ferruccio
Dugnani, il quale non esitò a scrivere che “per far parlare i personaggi e
rilevarne i sentimenti” all’arte di Sora, grande artista scomparso nel 1981,
bastava pochissimo. “Si provi a porre attenzione agli occhi - osserva il
sacerdote - quegli occhi piccoli
come capocchie di spillo e pur così espressivi: ora interrogativi, ora
inquieti, ora dolenti, ora attoniti, ora gioiosi… Guardate per esempio quelli
di Perpetua… o quelli di Lucia nel mezzo delle compagne con gli occhi bassi
eppur parlanti. O quelli delle due donne che riferiscono concitatamente quanto
è avvenuto a padre Cristoforo”.
E
ancora: “Oppure si osservino gli occhi di Lucia quando Gertrude in un attimo di
lucida verità la richiama, per poi subito rilasciarla in balìa dei prepotenti:
occhi inquieti, pieni di incertezza, contrappuntati dal movimento stesso delle
braccia e delle mani nella vana ricerca di un appoggio qualsiasi. Quale
contrasto con quegli occhi, umidi di pianto nei lineamenti disfatti, ma
finalmente distesi e pieni di luce dell’Innominato dopo il colloquio con il
cardinal Federigo: occhi che hanno ritrovato Dio”.
Monsignor
Dugnani nella stessa presentazione spiegava che I Promessi sposi attraverso l’immagine non era un libro da leggere
nel senso tradizionale del verbo ma da “contemplare”, da godere e da fruire.
“Dall’interpretazione,
sempre sobria, che il Sora dà delle pagine del Manzoni - osservava il prevosto
- emerge una realtà vista con gli occhi puliti di un fanciullo che sa di
potersi fidare di Colui che lo guida per mano”. E allora contemplare quelle
immagini “è qualcosa di più che ritrovarle disperse tra le pagine del romanzo.
Vederle raccolte l’una dopo l’altra fa nascere nel cuore come un senso di
levitazione, di freschezza, di pulizia interiore. E così la fruizione estetica
opera in noi quella catarsi che è segno distintivo della vera opera d’arte. E diventa un modo di andare in breve alla
sostanza del romanzo, a quella sostanza e a quel valore che non sta certo tutta
ed esclusivamente nella trama”.
Quindi
spazio alle lettere autografe del Gran lombardo custodite nella Biblioteca
comunale di Forlì e, di seguito, ai meravigliosi disegni di Orlando Sora, a
partire da quello dei “bravi” in attesa di don Abbondio fino al gioioso “E
furono sposi”, passando per il Griso che accende il lanternino, Lucia che
piange nella barca, Renzo che chiede un boccone alla vecchia ostessa, i
ricoverati al Lazzaretto per la carestia, la fuga sui monti per scampare ai Lanzichenecchi,
gli appestati per strada e Renzo che ritrova padre Cristoforo.
Nessun commento:
Posta un commento